Il Coaching è quella tecnica che permette di trovare strategie e strumenti, favorire la crescita personale e, proprio come nello sport, raggiungere obiettivi. Uno strumento che si sta diffondendo in tutto il mondo e in molteplici ambiti: personale, sportivo, aziendale e medico. L’obiettivo è tanto semplice quanto attraente: favorire il percorso di un cliente da uno stato attuale ad uno stato desiderato attraverso una serie di colloqui in cui la fanno da padrone ascolto attivo e domande aperte.
Il Coaching ha un background squisitamente umanistico. Partendo dalla Maieutica di Socrate, le influenze più importanti sono dovute alla psicologia occidentale, evolutasi in Europa e Nord America attraverso diverse scuole di pensiero, ognuna delle quali ha offerto prospettive uniche su come comprendere e trattare i fenomeni psicologici. Le principali scuole di pensiero, nate tra il secolo XIX e XX, sono:
- Strutturalismo: Fondato da Wilhelm Wundt, è considerato il primo approccio sistematico alla psicologia. Il suo scopo era analizzare la struttura della mente attraverso l'introspezione, scomponendo l'esperienza cosciente nei suoi componenti fondamentali.
- Funzionalismo: Un movimento sorto in risposta allo strutturalismo, promosso da William James. Questo approccio si focalizzava su come la mente si adatta e funziona per affrontare l'ambiente, piuttosto che sulla sua struttura.
- Psicoanalisi: Fondata da Sigmund Freud, questa scuola di pensiero esplora l'inconscio, i sogni, e i meccanismi di difesa. Freud credeva che molti comportamenti e pensieri fossero influenzati da processi inconsci.
- Comportamentismo: Promosso da psicologi come John B. Watson e B.F. Skinner, il comportamentismo si concentra sullo studio del comportamento osservabile, rifiutando l'introspezione e l'analisi dei processi mentali interni. È basato sull'idea che il comportamento è una risposta a stimoli ambientali.
- Gestalt: Questa scuola di pensiero tedesca, rappresentata da figure come Max Wertheimer, Kurt Koffka, e Wolfgang Köhler, si focalizza sul modo in cui le persone percepiscono e interpretano le informazioni come un tutto, piuttosto che come una somma di parti.
- Cognitivismo: Questa scuola di pensiero, che si è sviluppata nel XX secolo, si concentra sui processi mentali come percezione, memoria, e risoluzione dei problemi. Il cognitivismo ha dato origine a molte delle attuali terapie cognitivo-comportamentali.
- Umanismo: Questa corrente, rappresentata da psicologi come Carl Rogers e Abraham Maslow, enfatizza l'importanza della crescita personale, dell'autorealizzazione e della capacità dell'individuo di scegliere il proprio destino.
- Psicologia positiva: Una corrente più recente, che si concentra sullo studio delle emozioni positive, delle forze personali e delle condizioni che permettono agli individui e alle comunità di prosperare.
Oggi, però, l'avanzare delle ricerche nelle neuroscienze sta mettendo in chiara evidenza le relazioni tra queste e le tecniche del Coaching: per cambiare un comportamento infatti deve cambiare qualcosa nel nostro cervello.
Come accade durante la nostra crescita, ciò che impariamo si fissa nei circuiti neuronali. I neuroni, infatti, creano continuamente nuove ramificazioni e moltiplicano i contatti tra loro, mediante quel fenomeno noto con il termine "plasticità": esso si attiva quando impariamo qualcosa di nuovo (o "disimpariamo" qualcosa di già appreso) e mantiene il cervello efficiente. Fa parte di questo filone di teorie la regola di Donald Hebb, la quale sostiene che "se due neuroni connessi tra loro si attivano ripetutamente durante un certo evento, la loro connessione diventa più stabile e l’evento viene ricordato in maniera più efficace". Insomma, se un gruppo di neuroni si attiva ripetutamente si verificano cambiamenti strutturali che li rinforzano e rendono l’apprendimento più facile (neurons that fire together, wire together), che ha il suo cuore nella parola "ripetizione".
Più connessioni e maggiore flessibilità ci aiutano ad imparare più cose nuove e a mettere in pratica più efficacemente nuove abilità. Dato che il processo di Coaching lavora sull’acquisizione o il recupero di competenze, si intuisce come questo metta in moto un circolo virtuoso cerebrale che è avido di novità. Le nuove connessioni sono stimolate dall’apprendimento di nozioni nuove, dallo sforzo necessario ad applicarle e dalla "pratica deliberata", un processo proposto da Anders Ericsson che prevede un’attività volontaria, continua, che prevede livelli crescenti di difficoltà e che perfeziona la teoria delle 10 mila ore di Herbert Simon.
Una sorta di allenamento intensivo che evita di sedersi sugli allori e in cui per eccellere bisogna porsi obiettivi sempre più ambiziosi. Insomma, senza sforzo non c’è risultato e, tanto meno, eccellenza. Ecco perché al coachee si sottolinea sin dal primo incontro la necessità che si prenda la responsabilità in prima persona, mentre periodicamente si chiede di valutare il livello di motivazione a perseguire quell’obiettivo.
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